TRIESTE – Approfittare della presidenza al G7 per rilanciare l’Italia e il Mediterraneo con un Piano Mattei esteso alle attività della blue economy.
A lanciare il guanto di sfida è Alessandro Santi, presidente di Federagenti (Federazione che riunisce gli Agenti Marittimi che rappresentano in Italia tutti gli armatori internazionali), che invita il Governo italiano a trasformare in opportunità quelle che oggi appaiono come emergenze testimoniate da numeri: l’indice JCC’s Global Cargo Watchlist (che regola la definizione dei rischi nelle aree di conflitto nel mondo per il sistema assicurativo), da dicembre 2019 a dicembre 2023 certifica che le aree del mondo a maggior rischio sono passate da 14 a 24, con due aree ora definite a rischio extreme quando non ne esistevano nel 2019.
«Utilizziamo la forza riconosciuta al nostro Paese e al nostro capo del Governo in carica durante la presidenza italiana del G7, della prevedibile rivoluzionaria tornata elettorale europea – ha detto Santi – per fare lobby-Paese nel Mediterraneo e non tanto per dirimere lotte politiche tutte nazionali; se possibile replichiamo quello che sarà l’oggetto dell’imminente conferenza Italia-Africa che si terrà a Roma: diventiamo protagonisti quindi di un Piano Mattei non solo per l’energia ma per l’economia in cui il mare, e quindi un Mediterraneo non più considerato un lago, rappresenti il valore aggiunto in più per l’Italia e l’Europa. È questa un’occasione storica».
Fdereagenti sottolinea che i premi delle assicurazioni rischio guerra sono più che decuplicati per le aree calde, e il traffico marittimo nell’area del Mar Rosso (con conseguenze sempre più pesanti sul Canale di Suez) ha subito un calo del 38%; anche la pressione dei flussi migratori (quest’anno ai massimi) non è certamente una variabile indipendente dalle tensioni geo-politiche. «In questo quadro gli armatori si trovano a operare su un filo teso sul vuoto nel tentativo di coniugare gli sforzi per la sicurezza di navi ed equipaggi con le scadenze e gli obblighi di una politica di transizione energetica e di decarbonizzazione – prosegue Santi – che ogni giorno di più emerge come inattuabile nei tempi e nei modi fissati dall’Unione europea».
Sempre secondo Federagenti, gli strumenti utilizzati comprendono ingenti investimenti in tecnologia, capacità di stiva, sicurezza e l’identificazione dei cosiddetti futuri green corridor (44 in fase di realizzazione), dove i maggiori armatori e porti stanno cercando di creare un habitat di sostenibilità e «… dove il Mediterraneo non è preso in considerazione, se non per il passaggio Suez-Gibilterra nelle relazioni bidirezionali Singapore-Rotterdam e Singapore-US East Coast».
Per Santi è proprio questo quadro di riferimento che l’Italia può e deve, pena la sua emarginazione, e non solo marittima, emergere come playmaker in grado di riallacciare le fila del dialogo con Africa e Medio Oriente, di ampliare alla politica marittima gli obiettivi “energetici” del Piano Mattei, e di disinnescare un rischio mortale, derivante in primis dall’opzione circumnavigazione dell’Africa. L’Italia, conclude Federagenti, è una nazione che dipende per import ed export e quindi per la sua manifattura (secondi in EU) dal mare, poiché seconda nazione Ue per scambi marittimi. Non va dimenticato, infine, che l’altro pilastro economico nazionale è il turismo che per una parte importante è sul mare (spiagge, yacht, crociere, traghetti, città porto), e laddove non c’è stabilità geopolitica non c’è turismo. E proprio questo legame con il Mediterraneo ci farebbe emergere come controparte privilegiata in Europa per tutti quei Paesi che hanno un futuro legato al Mediterraneo e ai traffici attraverso Suez.