UDINE – Ottimo il lavoro fatto con i collegamenti ferroviari, ma a Trieste mancano le banchine e se si è deciso di fare la guerra alla Slovenia, allora bisogna avere le infrastrutture adatte per farlo.
Questo il pensiero del professor Maurizio Maresca, docente all’Università di Udine ma anche presidente di Alpe Adria, la società di logistica del porto di Trieste. Questo ed altri concetti, alcuni volutamente provocatori, sono emersi ieri a Udine dal convegno organizzato da Confindustria Friuli Venezia Giulia dal titolo “Il Nord Adriatico, la politica dei trasporti e industriale. La funzione dei territori del FVG”.
«Mentre gli sloveni stanno facendo la Koper-Divaccia, noi le infrastrutture necessarie perché il porto di Trieste lanci questa sfida, non le abbiamo fatte, ma non le stiamo nemmeno facendo. Se vogliamo essere credibili come porto – ha detto Maresca – bisogna che sotto a questa grande capacità logistica, ci siano anche le banchine. Bisogna trovare il sistema per farlo. Che lo si faccia attraverso il Molo VIII, che lo si faccia attraverso il raddoppio del Molo VII, bisogna farlo. E che lo facciano imprese che siano poi in grado di metterci sopra i traffici. È un discorso molto delicato, molto politico che certamente il nuovo Governo deve affrontare».
Secondo Maresca, tra l’altro anche ex presidente dell’Authority di Trieste, bisognerà affrontare il tema dell’Alto Adriatico, con una sorta di collaborazione fra i porti di Trieste, Capodistria e Fiume. «Con Zeno D’Agostino (attuale presidente dell’Autorità di sistema per i porti di Trieste e Monfalcone, ndr) ci siamo occupati di spiegare ai diplomatici che si occupavano della cosa, che proposta della Croazia di fare un collegamento basso tra Fiume e Trieste era importante».
Altrettanto fondamentale, per il professor Maresca, è anche l’esercizio di una forma di controllo su ciò che fanno i terminalisti all’interno degli spazi in concessione. «È importantissimo individuare una forma di governo nell’interesse pubblico del porto. Se non lo facciamo succede quello che già sta succedendo. Ciascun terminalista si governa il suo – sostiene Maresca – e non lo usa per fare traffico ma per impedire facciano traffico gli avversari». Secondo il docente di Diritto internazionale, è necessario che il governo centrale spieghi ai terminalisti che le strutture devono essere aperte, seguendo il principio di non discriminazione. Il tutto portando l’esempio di ciò che accade a Genova. Maresca ha poi toccato anche altri punti critici del porto di Trieste, come la convivenza di due grandi terminal container (a sua detta poco possibile, «tanto vale sceglierne uno», alludendo al Molo VII con Msc citando l’accordo del Gruppo di Aponte con Mercitalia Logistics delle Ferrovie dello Stato), fino alla Zona logistica semplificata: «Perché non farne una anche a Trieste?».
Prima di trarre le conclusioni del convegno, Maresca aveva esaminato la situazione del traffico al porto di Trieste, definito “non significativo” e che, a differenza dei due porti concorrenti, non ha un progetto pronto per la costruzione del Molo VIII, che consenta di raggiungere una capacità “accettabile”. Per un terminal da 3-4 milioni di Teu, sono necessari circa 2 miliardi, sostiene Maresca. «Anche se si dovesse correre, come sta facendo oggi l’Autorità portuale di Trieste – ha chiesto Maresca alla platea – quanti anni ci vogliono per costruire una cosa che vale 2 miliardi? E chi la gestisce, questa cosa?»