TRIESTE – Il trasporto merci su treno sta vivendo – in Italia ma anche nel resto d’Europa – un momento delicato: costi in ascesa e il rischio che il trasporto su gomma recuperi terreno vanificando gli sforzi fatti negli ultimi anni.Questo il clima che si vive nel settore dopo l’avviso di Fermerci e l’allarme lanciato dalle associazioni di categoria sul via libera del Parlamento europeo ai maxicamion. Sulla quetione interviene anche Maurizio Cociancich, amministratore delegato di Adriafer, l’impresa ferroviaria che si occupa principalmente delle manovre ai orti di Trieste e Monfalcone.
«In un periodo in cui l’incertezza regna e le previsioni sui volumi da parte degli operatori sono sempre meno affidabili la manovra ferroviaria è uno dei processi maggiormente in crisi. L’importante componente di costi fissi, non comprimibili nei momenti di flessione del mercato, sono un macigno che deve essere gestito e le competenze mantenute – spiega Cociancich – per essere pronti alla ripartenza. Resistere è dura e solo la flessibilità e la differenziazione possono aiutare, ma in questi momenti serve l’apporto del Governo. Era previsto, infatti, un contributo alla manovra che però poi è sparito, mettendoci in difficoltà. Speriamo ci sia un ripensamento ed in tempi rapidi».
Secondo l’ad di Adsriafer, la situazione congiunturale piena di criticità, richiede una forte visione ed un fermo e cospicuo sostegno al settore, un sostegno governativo che invece si è rilevato debole negli ultimi diciotto mesi. Una debolezza che è stata criticata duramente da FerCargo, tanto da definirla “devastante per il settore”.
Come esempio, viene citato il decreto “loco-carri”, che ha ridotto di 70 milioni di euro i finanziamenti introdotti per il rinnovo del materiale rotabile, mettendo in estrema difficoltà le aziende che avevano già programmato investimenti in questo settore. La sospensione di sussidi come l’iniziativa “ferrobonus” per l’anno 2023 e il taglio dei fondi per lo Sconto Pedaggio 2023 hanno ulteriormente aggravato un quadro già difficile a causa dei lavori in corso su infrastrutture chiave come il Gottardo e il Frejus.

In questo contesto, la recente approvazione a livello comunitario della direttiva sui maxicamion ha scatenato dibattiti e sollevato preoccupazioni sulle sue implicazioni per il settore ferroviario merci, soprattutto alla luce degli ambiziosi obbiettivi di trasferimento modale fissati dall’Unione Europea. La strategia UE, infatti, mira a incrementare il trasporto merci su rotaia del 50% entro il 2030 e a raddoppiarlo entro il 2050, sottolineando l’importanza della ferrovia nella riduzione di emissioni, congestione e dipendenza dai combustibili fossili. Obbiettivi che, secondo i vertici di Adriafer, l’Italia ancora vede in lontananza se si considera il Rapporto annuale di FerMerci, secondo il quale nel 2022 le merci movimentate su rotaia nella Penisola sono state circa 25 miliardi di tonnellate/chilometro, solo il 12% del totale.
Il via libera ai maxi tir o Longer heavier vehicle (Lhv) – veicoli di 25 metri di lunghezza e 60 tonnellate di peso – secondo alcuni sembra contraddire questa strategia, incentivando potenzialmente il trasporto su strada rispetto a quello su rotaia, e minando gli sforzi fatti per promuovere l’intermodalità ferroviaria. Secondo Bruxelles questi camion più grandi potrebbero facilitare l’adozione di motrici elettriche e a ridurre i costi di trasporto, soprattutto per le aziende di autotrasporto. Tuttavia, i critici sollevano preoccupazioni circa i potenziali impatti negativi sulla sicurezza stradale, sull’usura delle infrastrutture e sulla sostenibilità ambientale.
Sempre secondo Cocincich, in mezzo a questi sviluppi, il settore del trasporto merci italiano si trova a dover bilanciare priorità contrastanti. La frammentazione del settore, le complessità della liberalizzazione, le dinamiche delle tariffe di accesso e la concorrenza del mercato pongono ostacoli all’efficienza e alla crescita. È quindi fondamentale trovare un equilibrio tra la diffusione di camion a zero emissioni e la promozione dell’intermodalità.