TRIESTE – L’Autorità di sistema portuale di Trieste e Monfalcone ha approvato uno studio di fattibilità per un prototipo di agricoltura verticale idroponica.
L’area in questione è quella facente parte dell’intervento nella Valle delle Noghere nel Comune di Muggia, complessivamente finanziato con 60 milioni di euro dal Fondo complementare al Pnrr. Per questa prima fase, atta a verificare ingegneria e architettura dell’insediamento, sono stati stanziati poco più di 170mila euro, che saranno girati ad una società specializzata già individuata dagli uffici dell’Authority.
L’affidamento dell’incarico punta alla possibilità di realizzare nell’area un insediamento di agricoltura verticale idroponica, che costituirà la base di una nuova filiera produttiva. Il progetto terrà conto dello stato attuale dei terreni, caratterizzati da degrado e inquinamento, il tutto considerando che le colture idroponiche non utilizzano il terreno e pertanto risultano particolarmente adatte per il recupero delle aree inquinate, riducendo il consumo di suolo. Questo genere di agricoltura, inoltre, utilizza colture in una soluzione di acqua e minerali, diminuendo fino al 90% i consumi idrici rispetto all’agricoltura tradizionale, aumentando allo stesso tempo la produttività.
Ma cosa sta alla base di una scelta, quantomeno insolita per un’Autorità portuale?
«L’idea è quella che sto illustrando da mesi, quando dico che “il futuro del porto non è il porto”. Vediamo l’Autorità portuale anche come un grande sviluppatore immobiliare e non solo gestore di attività portuali. Stiamo sperimentando e il ragionamento – spiega il presidente dell’Authority di Trieste, Zeno D’Agostino – è capire le possibilità che ci sono per la pianificazione urbanistica. In particolare, l’agricoltura verticale sarebbe catalogata come attività produttiva, per cui non sarebbe necessario un cambio di destinazione d’uso dell’area».
Una dimostrazione pratica, dunque, delle possibilità da parte dell’Authority di giocare un ruolo diverso da quello tradizionalmente riconosciuto, legando le nuove attività industriali al porto, recuperando aree dismesse e coordinando nuove iniziative che comprendono logistica e attività industriali.
«Un altro tema importante è il dialogo con il territorio – spiega ancora D’Agostino – con il messaggio che lo sviluppo del porto può voler dire anche altro».