TRIESTE – «Non è possibile che l’unico terminal per merci convenzionali del porto di Trieste funzioni solo in porto vecchio».
Lo ha detto oggi, a chiare lettere, Stefano Visintin, presidente degli spedizionieri del Friuli Venezia Giulia, tra i relatori alla tavola rotonda tenutasi all’Università di Trieste, “La crisi mediorientale e la portualità adriatica: quali i possibili scenari economico–giuridici?”.
Nel delineare la situazione e i rischi che corre lo scalo a causa delle nuove rotte utilizzate per evitare il Mar Rosso, Visintin ha concordato con un precedente intervento del presidente dell’Autorità di sistema portuale, Zeno D’Agostino, nella parte in cui si delineavano possibili soluzioni a situazioni di emergenza che dovessero interessare i porti adriatici.
«Il porto di Trieste dovrà essere per sempre un porto multipurpose, dove posso far arrivare una nave container, una Ro-Ro o una tanker» ha sostenuto Visintin, che si è detto sconcertato dal fatto che l’unico terminal per merci convenzionali funzionante allo scalo sia quello di Adriaterminal (gestito da GMT Steinweg), situato all’interno della parte antica dello scalo, già dedicata ad un futuro sviluppo urbanistico e non più di portualità.
Il fatto che l’Authority abbia puntato su Monfalcone come scalo per le merci varie, per Visintin non può essere l’unica risposta.
In apertura del suo intervento, il presidente di Confetra Fvg aveva altrettanto chiaramente spiegato che, ad oggi, non si è in grado di sapere quali navi, dirette a Trieste, stanno attraversando Suez e quali seguano la rotta per il Capo di Buona Speranza. «Mi sembra comunque un grande déjà-vu. Ci eravamo detti qualche cosa in pandemia e ora ci ritroviamo a dirci le stesse cose» ha aggiunto il presidente dell’associazione.
Sempre per quanto riguarda altri possibili provvedimenti per evitare le emergenze, Visintin ha ricordato come il sistema regionale degli interporti abbia già consentito al porto di Trieste di salvarsi nei momenti di difficoltà, aggiungendo però, che lo stesso sistema deve essere inserito in una serie di normative regionali.
«E poi, la regione Friuli Venezia Giulia – ha concluso stizzito il presidente Confetra – si proclama essere la più atlantista d’Italia e non ha un servizio marittimo con l’America. E non sono i due giorni in più di navigazione con il Tirreno che fanno la differenza».
Sulla questione di un porto differenziato per servizi alle merci, ha ribattuto il professor Stefano Zunarelli, anch’esso relatore alla tavola rotonda. «Il porto di Trieste deve essere multipurpose e preparato, ma credo che la sua tipicità sia la capacità di attrazione che ha rispetto ai traffici transoceanici (col Far East, ndr). Il traffico transoceanico per Trieste è ancora all’inizio del suo sviluppo. Gran parte del traffico della Val Padana continua a passare per i porti di Rotterdam e del Nord Europa. Se si vuole dare un futuro allo scalo – ha sostenuto Zunarelli – si dovranno superare non solo gli sbarramenti fisici ma anche le barriere amministrative, nel senso di una regolamentazione che oggi penalizza i porti italiani rispetto ai porti del Nord Europa».