TRIESTE – Pulire la chiglia di navi e barche di medie dimensioni senza portarle in secco e senza disperdere in mare ciò che viene prodotto nelle operazioni di pulizia.
E questo l’obiettivo di un progetto europeo che alcune realtà scientifiche e imprenditoriali hanno sperimentato nei giorni scorsi a Portorose, località turistica nei pressi del Porto di Capodistria in Slovenia. Una prova sul campo che ha dato risultati più che soddisfacenti, quella realizzata in acque slovene su un’imbarcazione da 38 metri, oggi utilizzata a scopi turistici. Se gli studi per il macchinario dovessero proseguire su questa strada, il target sarebbe poi costituito anche da navi di dimensioni maggiori.
“GreenHull – Tecnologie verdi di pulizia ecologica dell’incrostazione biologica sugli scafi nell’Alto Adriatico” è inquadrato tra i progetti del Programma Interreg Italia-Slovenia. Un progetto iniziato a marzo del 2020 e la cui conclusione è prevista a maggio del 2022. Il budget totale è di 882.168,83 euro, con un contributo FESR di 734.092,18 euro. Tra i 5 partner troviamo gli italiani Comet e Corila. Il primo, con sede a Pordenone, è il Cluster della Metalmeccanica in Friuli Venezia Giulia, con sede a Pordenone e la partecipazione di enti e associazioni (tra queste anche Confindustria) e soggetti privati. A loro il compito di realizzare il sistema di pulizia in corso di sperimentazione. Corila (Consorzio per il coordinamento delle ricerche inerenti il sistema lagunare di Venezia) è invece un’associazione tra Università Ca’ Foscari di Venezia, Università IUAV di Venezia, Università di Padova, Consiglio Nazionale delle Ricerche e Istituto Nazionale di Oceanografia e Geofisica Sperimentale. I partner stranieri sono invece costituiti da istituti di ricerca della vicina Repubblica di Slovenia.
Il partenariato è inoltre arricchito di 3 importanti associati: Autorità Portuale di Trieste, Porto di Capodistria e ARPA FVG, l’Agenzia regionale per la tutela dell’ambiente.
La sfida legata alla pulizia dell’incrostazione biologica sugli scafi è ben nota, con i problemi dell’inquinamento, della ridotta prestazione delle navi e, non ultima dell’introduzione di specie allogene nell’ambiente. L’obiettivo del progetto è migliorare la tutela ambientale sviluppando tecnologie verdi innovative e soluzioni per una gestione transfrontaliera delle acque e dei rifiuti pericolosi. La collaborazione trasnfrontaliera risponde al concetto di un mare senza confini, soprattutto per quanto relativo alla sua tutela.
Il sistema progettato utilizza il metodo di pulizia a “getto di cavitazione”, che non è certo una novità assoluta ma è risultata essere la scelta ottimale per la pulizia della carena delle imbarcazioni in acqua. La piattaforma, come accennato in precedenza, è stata dotata di un sistema per la cattura dei rifiuti generati, mentre le acque reflue vengono pompate in un impianto di trattamento modulare posizionato a terra. L’acqua, una volta ripulita, è restituita al mare.
Le navi in arrivo dai porti mondiali rappresentano una minaccia per l’habitat locale, anche per le incrostazioni biologiche sullo scafo; incrostazioni che riducono la capacità di movimento dell’imbarcazione e aumentano il consumo di carburante. Un ulteriore fattore di inquinamento è dato dalle vernici delle navi, che contengono sostanze chimiche pericolose per l’ambiente marino.
La normativa in materia prevede la pulizia dell’incrostazione da parte degli armatori e di prassi viene eseguita nei bacini con la nave all’asciutto, procedura notoriamente lunga e costosa.