VENEZIA – Venezia terminal passeggeri (Vtp) chiede conto al presidente Fulvio Lino di Blasio dell’operato sulla crocieristica in cui si accusa di inerzia il management.
E lo fa attraverso una lettera, come riporta il Corriere del Veneto. Dopo l’“azzeramento” della crocieristica dal porto di Venezia, con la ricerca di una soluzione per i problemi legati al decreto Clini-Passera, da Vtp parte la stoccata all’Autorità portuale veneziana. La missiva, inviata al ministero delle Infrastrutture, porterebbe la firma del presidente di Vtp Fabrizio Spagna, ma anche dei soci (tra cui figurerebbe quindi la Regione Veneto, Save – società che gestisce l’aeroporto veneziano – e alcune compagnie). Un fattore, questo, che fa capire quanto tesa si stia facendo la situazione nello scalo veneziano, che dal 2021 sta cercando di recuperare il terreno perso a favore di altri scali come Trieste, Monfalcone o Ravenna.
Il quotidiano veneto ha anche riportato la risposta, piccata, del numero uno dello scalo lagunare. Di Blasio (anche Commissario alle crociere) ha rispedito al mittente le accuse di inerzia, spiegando che i progetti sono stati portati avanti con interesse e diligenza, anche per quel che riguarda i servizi utili, ma non visibili. Di Blasio ha anche ribadito i numeri del porto veneziano, che in due anni è passato da zero a seicentomila passeggeri circa.
La travagliata storia moderna del porto veneziano prosegue in un contesto difficile, che cerca soluzioni alternative, come lo scalo di Chioggia, ma che punta a valorizzare quanto possibile. Si parla quindi di Fusina, nodo ancora da sciogliersi completamente, e l’annosa questione del Canale Vittorio Emanuele, che da un lato vede il favore dell’economia, visto che consentirebbe alle navi di giungere alla stazione Marittima del Tronchetto. Ma allo stesso tempo necessiterebbe di scavi che non sono compatibili con il tessuto cittadino ambientalista, che non vuole “rovinare” la laguna, già peraltro gestita in modo futuristico grazie all’azionamento del Mose. Venezia, infatti, si sta trovando a dover gestire un porto regolato che anche su questo ha da ridire, visto che le categorie economiche cittadine vorrebbero l’alzata delle paratoie ogni possibile acqua alta a partire da cento centimetri sul livello del mare. E invece pare che la scelta ricadrà su valori più alti, tra i 110 e 120 centimetri, con le conseguenti difficoltà operative e logistiche per il porto veneziano, che rischia di diventare un’economia di secondo piano rispetto al turismo. Proprio quel turismo che sta mettendo a dura prova Venezia e la sua resistenza.