TRIESTE – Rete ferroviaria italiana (RFI) ha presentato l’istanza di avvio del procedimento di Valutazione di impatto ambientale per il rinnovo della linea fra Trieste e Mestre.
Manca la controversa “variante di Latisana”, ma non si placano le polemiche in sede regionale per alcuni passaggi ancora da chiarire. Gli interventi denominati “Potenziamento della Linea Venezia – Trieste. Posti di Movimento e Varianti di Tracciato. PdM San Donà di Piave, PdM Fossalta di Portogruaro, Variante Portogruaro e Variante Isonzo” riguardano sia il traffico passeggeri che quello merci, essendo conseguenza della rinuncia all’Alta velocità/Alta capacità sull’intero tratto.
Negli anni scorsi, infatti, la Regione FVG aveva deciso di ottimizzare le strutture esistenti, evitando un impatto ambientale pesante come conseguenza di nuove realizzazioni. Va sottolineato che l’Alta velocità – importante anche per il settore crocieristico proprio perché avrebbe consentito di viaggiare in un’ora fra Trieste e Venezia – difficilmente sarebbe stata sfruttata se non si fosse deciso di sopprimere alcune fermate.
Gli interventi nel loro complesso non sono ancora finanziati, ma l’interesse della politica per la soluzione che si sta mettendo in atto è stato più volte ribadito. Ragion per cui, se l’iter dovesse essere rispettato, il progetto potrebbe essere approvato entro il 2022, il 2023 potrebbe essere l’anno della gara e i lavori vedrebbero la conclusione tra il 2029 e il 2030. Tempistiche accettabili per seguire lo sviluppo del porto di Trieste e del sistema logistico regionale, destinati a crescere e solo rallentati dalla pandemia in corso. Tempistiche non ideali, ma pur sempre in linea con altri interventi che consentiranno di migliorare i collegamenti di lunga percorrenza e l’adeguamento stessa agli standard europei dei corridoi merci.
Ai sensi di legge, ci sono ora 30 giorni di tempo per presentare osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi, indirizzandoli al Ministero della transizione ecologica.
Le opere interessano le Regioni Veneto e Friuli Venezia Giulia, le provincie di Treviso, Udine e Gorizia, e sono localizzate nei comuni di San Donà di Piave (VE), Fossalta di Portogruaro (VE), Portogruaro (VE), Fiumicello Villa Vicentina (UD), Ruda (UD), Latisana (UD), Turriaco (GO), San Canzian d’Isonzo (GO), Cessalto (TV).
Il presente progetto di fattibilità tecnica ed economica prevede la realizzazione di due varianti di tracciato alla linea esistente. La prima è la Variante di Portogruaro (intervento compreso tra quelli per la cui realizzazione è stato nominato nell’aprile 2021 il Commissario straordinario Vincenzo Macello, in quanto intervento caratterizzato da un elevato grado di complessità progettuale, da particolare difficoltà esecutiva o attuativa, da complessità delle procedure tecnico-amministrative e con rilevante impatto sul tessuto socio-economico); la seconda è la Variante sul fiume Isonzo. Quest’ultima prevede anche la realizzazione di un ponte. Un’opera che di per sé non consentirà enormi risparmi di tempo ma, sommata agli altri interventi, porterà al raggiungimento degli obiettivi indicati in precedenza.
Importante poi l’inserimento di due nuovi Posti di movimento (San Donà di Piave e Fossalta di Portogruaro), nell’ottica di aumentare la capacità dei treni merci, adeguando l’infrastruttura a convogli di maggiore lunghezza. L’obiettivo è quello di ottenere maggiore velocità e capacità con interventi puntuali sulle caratteristiche del tracciato (per aumentare le prestazioni), modifiche delle opere civili, adeguamento della Trazione elettrica, potenziamento tecnologico e, come indicato, varianti di tracciato fuori sede.
Tra queste ultime manca quella di Latisana, che aveva trovato la contrarietà della locale amministrazione. RFI ne sta discutendo un’altra, per la quale non esiste ancora un progetto.
«Siamo molto soddisfatti per questa scelta, ma rimangono altri nodi da sciogliere» hanno commentato la deputata del MoVimento 5 Stelle, Sabrina De Carlo e il capogruppo pentastellato in Consiglio regionale, Cristian Sergo.
«È sicuramente positivo che, dopo le interlocuzioni avute con RFI, le nostre interrogazioni, le nostre mozioni, le nostre richieste di audizione in IV commissione, i tecnici si siano convinti che distruggere un tessuto sociale, allontanare una stazione ferroviaria dal centro storico, recuperare pochissimi secondi nel tragitto a fronte di 233 milioni di euro di costi (presunti), non fosse un’azione sostenibile e in linea con la transizione ecologica necessaria a questo Paese» hanno proseguito De Carlo e Sergo, secondo i quali, però, ci sono “due note stonate” nella procedura avviata ieri. «Non è stato pubblicato il calcolo sommario della spesa, benché prodotto da RFI ma ritenuto riservato. Questo rende abbastanza difficile poter esprimere un parere su un’opera di cui non si conoscono i preventivi di spesa, dovendo fare le valutazioni sull’analisi costi benefici della stessa. Stessa cosa dicasi dello studio trasportistico che non c’è, non facendo capire ai cittadini perché l’opera sia necessaria, quali saranno i suoi benefici sia in termini di tempi di percorrenza ridotti, sia in termini di capacità di ulteriori treni che potranno percorrere la tratta con le migliorie. La seconda preoccupazione è che rimane in piedi l’idea della Variante Ronchi – Aurisina e quindi le nuove gallerie nel Carso. Ci abbiamo messo 5 anni per far capire a RFI che la Variante di Latisana non serviva, e non molleremo fino a quando non capirà di dover accantonare una volta per sempre anche i 20 km di gallerie e trincee. A quel punto – concludono gli esponenti M5S – un’opera che doveva costare ai contribuenti italiani 7500 milioni di euro verrà realizzata con meno di 750 milioni di euro, ottenendo praticamente gli stessi benefici».
Soddisfatto per l’abbandono dell’ipotesi della variante di Latisana anche il capogruppo del Pd nel Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Diego Moretti, che però chiama a sua volta in causa Rfi in meito ad un’altra questione: «… da Rfi non si sa nulla del superamento dei passaggi a livello a Ronchi dei Legionari. I nodi da sciogliere sono molteplici, le risposte però ancora non arrivano». Anche in questo caso, dopo la bocciatura di un progetto e una serie di confronti con le amministrazioni locali, RFI sta studiando nuove soluzioni che non fanno parte di questa prima importante tranche di progetto.