TRIESTE – Resta bloccata in porto a Monfalcone la portacontainer Al Filk, in banchina dall’8 febbraio dopo che la Capitaneria ha riscontrato ben 61 irregolarità.
Nei giorni scorsi si è tenuto un vertice in Prefettura a Gorizia per fare il punto sulla situazione della nave – 111 metri di lunghezza per 17 di larghezza, costruita nel 1999 – battente bandiera della Tanzania, finita al centro delle cronache internazionali a causa della situazione nella quale versava l’equipaggio con un black out in corso e carenza di viveri. Equipaggio quasi interamente ripartito con le otto persone che hanno preso un volo alla volta dell’India, mentre a bordo restano solo tre marittimi.
Dal tavolo di confronto con tutti i soggetti interessati alla vicenda, convocato dal Prefetto, è emerso che la situazione della nave ormeggiata all’accosto 1 e oggetto di sequestro giudiziario disposto dalla Procura della Repubblica appare sotto controllo, ma in sostanziale fase di stallo.
La riunione ha permesso di approfondire la posizione dell’armatore armatore turco – rappresentato da Overseas Maritime Ltd. che si appoggia alla raccomandataria Friultrans – che ha fatto sapere che intende risolvere la situazione e riportare l’imbarcazione in patria il prima possibile.
Della vicenda si è interessato anche il sindacato internazionale dei marittimi, Itf, investito della vicenda dallo scorso febbraio. Attualmente sono rimasti a bordo solo tre degli undici membri dell’equipaggio. Gli altri otto, di nazionalità indiana, hanno lasciato mercoledì mattina l’Italia imbarcandosi al Trieste Airport su un volo con destinazione Mumbai.
L’unità era approdata a Portorosega da Misurata per scaricare 5.497 tonnellate di bramme, regolarmente consegnate a Compagnia portuale (Gruppo FHP Holding portuale) ed era diretta a Istanbul.
Nell’occasione, il Nucleo ispettori Porto State control della Direzione marittima di Trieste aveva eseguito un’ispezione dalla quale erano emerse però numerose irregolarità. A causa delle 61 carenze riscontrate a bordo, la nave era stata quindi trattenuta e successivamente posta sotto sequestro giudiziario da parte della Procura della repubblica di Gorizia per presunte irregolarità sulle certificazioni.
Nel frattempo, parte dell’equipaggio iniziale costituito da quindicina di addetti – di nazionalità egiziana, turca, libica e filippina – è stata avvicendata, ma per gli undici rimasti a bordo la situazione sullo scafo era precipitata il 2 agosto, quando anche il generatore ausiliario a cui si è ricorso in sostituzione di quello principale ha subito un guasto con conseguente black-out generale. E i pezzi di ricambio giunti per la riparazione si sono dimostrati inadatti, lasciando il personale a bordo privo di fornelli, frigoriferi, illuminazione e servizi igienici. Un successivo sopralluogo della Capitaneria di porto di Monfalcone aveva portato all’emissione di una diffida nei confronti dell’armatore: un provvedimento che, constatate le condizioni a bordo, mirava a individuare le possibili modalità di rimpatrio del personale.
Anche la stessa Compagnia portuale si era impegnata per far arrivare viveri a abiti ai marittimi imbarcati.
«Allo stato attuale – ha spiegato il comandante della Capitaneria di porto di Monfalcone, Giuseppe Siragusa – non esiste uno strumento normativo, sia a livello nazionale che internazionale, che consenta di farli sbarcare coattivamente. Inoltre, l’armatore ha comunicato attraverso l’agenzia raccomandataria a mezzo Pec di non avere alcuna intenzione di abbandonare la nave e di adoperarsi per far sì che la corte ne ordini il dissequestro: sua intenzione è chiedere un’autorizzazione per poter far rimorchiare la nave fino a un cantiere in Turchia dove sottoporsi al carenaggio».
Nella comunicazione alla Capitaneria, l’armatore avrebbe manifestato la volontà di ottemperare il prima possibile alla messa in sicurezza della nave in base ai requisiti richiesti.
«Nella mail – conferma ancora Siragusa – è stato chiesto espressamente di mantenere a bordo tre membri dell’equipaggio in quanto ciò rientra nei diritti dell’armatore. A cadenza giornaliera, il nostromo verifica sotto bordo che sia tutto a posto, ma è mia intenzione organizzare una volta a settimana un sopralluogo a bordo con personale del comando di Monfalcone».