TRIESTE – Nazionalizzare la fabbrica, oggi in mano a Wartsila, per la produzione di motori marini.
L’ipotesi circola sottovoce in alcuni ambienti e più concretamente tra politici e sindacati, anche se non esiste alcuna proposta ufficiale. Al momento sono solo le organizzazioni sindacali, all’indomani della manifestazione a sostegno dei lavoratori Wartsila, a sollecitare una soluzione radicale del problema. «Abbiamo ribadito con chiarezza che se le cittadine e i cittadini, le lavoratrici e i lavoratori non riceveranno le risposte necessarie a tutelare il diritto al lavoro siamo pronti a proclamare lo sciopero generale – ha detto il segretario della Cgil di Trieste Michele Piga -. La grande partecipazione di oggi è la prova dell’esigenza di preservare le produzioni e garantire i posti di lavoro, se necessario attraverso la nazionalizzazione». Una proposta che trova sostegno anche tra le fila dell’Usb (Unione sindacale di base), che parla senza mezzi termini di un rischio “ecatombe industriale” per Trieste, a causa delle aziende in via di chiusura e dell’indotto che verrebbe coinvolto. “Di fronte a tanta arroganza e spregiudicatezza – scrive Usb in una nota in riferimento all’annuncio di Wartsila – non deve essere più un tabù l’idea di un intervento di stato nei settori e nelle aziende strategiche del Paese. Non deve essere più un tabù parlare di esproprio dei beni dove un’azienda vuole scappare dopo aver fagocitato know-how, fette di mercato e ovviamente soldi pubblici… Wartsila insomma va nazionalizzata”.
Sulla stessa linea anche le dichiarazioni, più morbide, di Debora Serracchiani, capogruppo PD alla Camera e già presidente della Regione Friuli Venezia Giulia: «La proposta di salvare la Wärtsilä di Trieste attraverso una qualche forma di intervento dello Stato merita attenzione da parte delle istituzioni ed è una strada da approfondire e intraprendere, se ci sono le condizioni. Sappiamo che esistono delle limitazioni rispetto a questo tipo di interventi ma, se si può aprire uno spazio praticabile, il Pd c’è».
Nei giorni scorsi, altri rappresentanti istituzionali hanno ipotizzato – più o meno velatamente – che a farsi carico della situazione dovrebbe essere Fincantieri, dalla quale Wartsila aveva acquistato lo stabilimento Grandi Motori tra il 1997 e il 1999. Nel frattempo, sono iniziati i conti in tasca all’azienda finlandese che, fin dal suo insediamento sul territorio di Trieste – oltre a investimenti propri – ha usufruito di decine di milioni di finanziamenti pubblici. Non ultimi, in cambio della cessione di due magazzini non utilizzati e dei terreni annessi, di circa 20 milioni sborsati da Friulia (finanziaria delle Regione Fvg) per l’operazione FreeEste in stretta collaborazione con l’Autorità portuale.
Nei giorni scorsi, il Gruppo finlandese che ha annunciato il trasferimento della produzione da Trieste a Vaasa (Finlandia) ha reso noti i dati di bilancio. Nel 2021 il Wärtsilä ha aumentato del 4% il fatturato, a 4,78 miliardi di euro, con un’ acquisizione ordini in crescita sia sul settore Energy (39% del fatturato) che Marine (39% del fatturato), oltre all’aumento del 17% per le attività di Service. Nel primo trimestre 2022, inoltre, il Gruppo ha registrato una incremento record: fatturato a +24,4% (un totale di 1,41 miliardi di euro), con il segmento Marine Power ancora in crescita rispetto al 2021.