TRIESTE – Prima MSC, poi Costa e l’associazione delle Compagnie e poi ancora la community degli operatori e il concessionario dei terminal: a Venezia tutti contro la gestione delle crociere da parte dell’Authority.
Evidentemente non sono bastati l’aumento dei passeggeri, gli studi per la riorganizzazione del settore e la pubblicazione dei bandi per i lavori ai nuovi ormeggi. Compagnie e operatori denunciano ritardi e il primo a farsi sentire, nei giorni scorsi con un’intervista alla stampa locale, è stato Piefrancesco Vago, presidente esecutivo di Msc Crociere. Vago sostiene che, a causa dei ritardi nei lavori degli ormeggi diffusi, è addirittura l’intera crocieristica ad essere a rischio a Venezia.
Il manager, riferendosi al decreto che, nell’agosto 2021, aveva definitivamente vietato il transito delle grandi navi nel bacino di San Marco, aveva lanciato l’accusa di non aver saputo creare una vera alternativa. Il vertice di MSC Crociere ha citato il milione e emezzo di passeggeri che Venezia movimentava prima della pandemia e i 500mila previsti per il 2024. Poche certezze per gli accosti a Marghera e ancora meno per gli escavi del Canale Vittorio Emanuele e del Canale petroli fanno chiedere, sempre secondo Vago, se Venezia voglia ancora svolgere un ruolo portuale di primo piano, a sostegno dell’economia industriale del Veneto fondata sull’export. Il presidente di Msc non ha mancato di ricordare il contenzioso in atto tra Venezia terminal passeggeri e l’Authority, che ha deciso di non rinnovare la concessione al gestore dei terminal passeggeri. Da qui la richiesta al governo per risolvere la situazione.
Se le compagnie dovessero abbandonare Venezia, tuttavia, per Vago è poco probabile che le alternative siano Trieste e Monfalcone, complementari e destinate ad uno sviluppo in proprio.

Dura anche la presa di posizione di Costa Crociere la quale, pur ribadendo di essere favorevole a uno sviluppo del settore che rispetti le peculiarità di una città unica come Venezia, trovando soluzioni alternative e praticabili, sostiene che la situazione che si sta delineando, non sembra andare in questa direzione. «Le soluzioni alternative per l’approdo delle navi da crociera che erano state promesse sono ancora lontane dall’essere realizzate» ha detto Roberto Alberti, senior vice president & chief corporate officer di Costa Crociere.
«A questo si aggiunge – ha precisato Alberti – la mancata estensione della concessione a Venezia Terminal Passeggeri, che pone seri dubbi sul futuro della società che gestisce il terminal e gli approdi delle crociere, nonostante gli sforzi fatti dai suoi azionisti negli ultimi anni. Continuando così si rischia di mettere a repentaglio il valore economico e occupazionale che le crociere generano sul territorio. La posta in gioco è alta, perché il territorio di cui parliamo è potenzialmente ben più ampio di Venezia e comprende anche altre città italiane: infatti, da Venezia dipende l’intero bacino crocieristico dell’Adriatico. Per questo auspichiamo che in tempi brevi tutte le parti coinvolte, a cominciare dalle compagnie e dalle autorità locali e nazionali, possano sedersi intorno a un tavolo e trovare una soluzione definitiva».

Ha rinforzato la dose Francesco Galietti, direttore Clia Italia, l’associazione che riunisce, a livello internazionale, 70 Compagnie di gestione per navi da crociera. Secondo Galietti, «sono quasi tre anni che il comparto è costretto ad operare in una situazione di incertezza e precarietà, visto che gli impegni assunti dal governo italiano nel 2021 rispetto ad un piano alternativo per la crocieristica non sono finora stati rispettati o implementati». Il manager ha parlato di una situazione provvisoria che rischia di diventare permanente e penalizzante per l’intero settore. «Agire senza certezza di quale sarà la situazione nei prossimi anni mette a rischio la presenza delle crociere a Venezia» ha detto Galietti.
Clia ha sottolineato come, al momento, solo due compagnie hanno deciso di confermare i loro scali, ma se gli impegni non dovessero essere rispettati non è escluso che lascino per sempre la città. Già oggi, la mancanza di certezze ha indotto molti armatori a dirottare le proprie navi su altri scali e altri Paesi. «Le compagnie – ha precisato Galietti – hanno sempre ribadito, ben prima del 2021, di essere favorevoli a non transitare più dalla Giudecca e hanno chiesto con convinzione la predisposizione di una soluzione alternativa, ma finora non è stato avviato nessun confronto concreto».

Anche Venice port community, la compagine degli operatori portuali di Venezia, ha fatto sentire il proprio dissenso verso quanto sta accadendo nell’ambito della gestione della crocieristica. Lo ha fatto attraverso le parole del presidente, Alessandro Becce, sulle pagine del Corriere Veneto.
Becce ha parlato di un “porto da serie B”, ricordando come, prima del decreto che ha vietato il Bacino di San Marco alle grandi navi, il comparto generasse circa 160 milioni di euro ogni anno di spese dirette da parte dei crocieristi, con un indotto che faceva lievitare la cifra fino a 400 milioni. Per Vpc, molti progetti sono al palo e le incertezze hanno lasciato nelle mani di altri porti, alcuni stranieri, un’economia che doveva restare a Venezia. Accesa la polemica anche sui contenziosi giudiziari che riguardano la concessione a Venezia terminal passeggeri e il progetto di un terminal crociere che ovviasse ai problemi causati dalle attivazioni del Mose