TRIESTE – Gli Spedizionieri del porto di Trieste organizzano un webinar (mercoledì 9 febbraio alle 17) per analizzare le recenti modifiche al contratto presentate dalla Fedespedi e promosse da Confetra.
Al termine di un percorso di due anni, la L. 233/2021 dello scorso 29 dicembre (conversione del DL 152/2021) ha accolto la proposta della Fedespedi di modificare in modo rilevante la disciplina riservata dal Codice civile ai contratti di spedizione e di trasporto. Ne abbiamo parlato con l’avvocato Alberto Pasino, responsabile della sede triestina dello Studio Zunarelli.
Avvocato, quali le ragioni che hanno spinto questa riforma?
«Fedespedi avvertiva la necessità di promuovere l’identità delle imprese di spedizione e rafforzare il riconoscimento della relativa categoria, adeguando alle vigenti prassi del settore le disposizioni che il Codice civile dedica allo spedizioniere. Norme che dalla loro entrata in vigore, ottant’anni fa, non erano mai state modificate, ma anche di recepire le prassi giurisprudenziali affacciatesi in questi ultimi decenni con riguardo a diritti, obblighi e responsabilità del contratto di spedizione. All’elaborazione di questa riforma hanno partecipato, tra gli altri, CNEL, Confetra, MIMS e illustri giuristi. Ovviamente, come accade per ogni riforma legislativa, anche in questo caso è stato necessario contemperare interessi talora confliggenti, sicché è possibile che non tutto ciò che Fedespedi desiderava realizzare sia stato conseguito. Ma, come potrò spiegare, a me pare che Fedespedi possa essere soddisfatta del risultato conseguito».
In cosa consistono le novità più rilevanti?
In estrema sintesi, la riforma ha esteso l’applicazione della disciplina della spedizione anche all’ipotesi in cui allo spedizioniere sia stato conferito il potere di agire in nome del mandante, riconoscendogli la facoltà di stipulare più contratti di trasporto con più vettori per eseguire il mandato. Si è semplificato il testo dell’articolo concernente gli obblighi dello spedizioniere, abrogando l’obbligo di accreditare al mandante premi, abbuoni e vantaggi di tariffa ottenuti nel compimento dell’incarico. Accogliendo l’approccio della giurisprudenza si è poi chiarito che, in ipotesi di perdita o avaria delle cose trasportate, allo spedizioniere si applica l’art. 1696 c.c. che stabilisce, con riguardo al contratto di trasporto, le regole per il calcolo del danno in tali eventualità e che è stato a propria volta profondamente rivisto. L’art. 1696 c.c. è stato infatti sostanzialmente riscritto, nel senso che i limiti di 1 euro e di 8,33 DSP si applicano ora ai soli trasporti terrestri, mentre ai trasporti aerei, marittimi, fluviali e ferroviari si applicano i limiti contemplati dalle convenzioni internazionali o dalle leggi nazionali applicabili, sempre che ricorrano i presupposti ivi previsti per il sorgere della responsabilità del vettore. E’ stata inoltre regolata l’ipotesi di danno non localizzato avveratosi nel corso di trasporto multimodale, assoggettata ai limiti di 1 e 3 euro al chilo rispettivamente per i trasporti nazionali internazionali. Tutti tali limiti sono stati espressamente dichiarati inderogabili a favore del vettore».
Nelle modifiche troviamo anche un’importante modifica al privilegio vantato dallo spedizioniere sulla merce…
«Infatti. Non secondarie appaiono le previsioni che consentono che privilegio e ritenzione dello spedizioniere possano esercitarsi, come la giurisprudenza tendeva a consentire, anche su beni oggetto di un trasporto o di una spedizione diversi da quelli per cui è sorto il credito, purché detti trasporti o spedizioni costituiscano esecuzione di un unico contratto per prestazioni periodiche o continuative, e che accordano allo spedizioniere che abbia pagato i diritti doganali per conto del proprio mandante il privilegio generale previsto in favore dello Stato per i crediti per i suoi tributi diretti, per l’imposta sul valore aggiunto e per i tributi degli enti locali. Poi, ovviamente, non meno rilevante è ciò che il legislatore ha lasciato intonso».
A quali parti fa riferimento?
«Be’, ai più acuti osservatori non sarà certamente sfuggito il fatto che la regola sancita dall’art. 1740 II co. c.c. non è stata toccata. Ciò significa che si potrà continuare a determinare in un’unica somma totale, a forfait, la provvigione e le spese di trasporto senza che da ciò si possa desumere l’assunzione da parte dello spedizioniere di veste vettoriale. Se la norma fosse stata abrogata, e nel corso dei lavori questa ipotesi era stata adombrata, su questo fronte si sarebbero riaperti i giochi. Vale a dire che in ogni ipotesi di ricorso a forme forfetarie di rimborso di spese e compenso, si sarebbe potuto sostenere che lo spedizioniere, lucrando sull’operazione di trasporto, si sarebbe dovuto assumere veste e responsabilità vettoriali».
Quali sono secondo lei le similitudini e le differenze tra il contratto di spedizione, dopo le recenti modifiche, e le regole contrattuali standard vigenti negli altri Paesi europei che operano attraverso il porto di Trieste?
«Faccio l’esempio della Germania. In base alle Allgemeine Deutsche Spediteur – Bedingungen approvate nel 2003 dal Bundesverband Spedition und Lagerei e alle disposizioni del codice tedesco di commercio, lo spedizioniere è tenuto esclusivamente a stipulare i contratti necessari all’esecuzione dei servizi di spedizione, agendo nell’interesse del committente e adempiendo all’incarico con la diligenza dovuta. In tale contesto egli risponde esclusivamente laddove violi l’obbligo di scegliere con cura i terzi con i quali contrae nell’interesse del mandante. Tuttavia a certe condizioni – si pensi ad esempio all’ipotesi in cui assuma personalmente l’esecuzione del trasporto o esegua il magazzinaggio delle merci – è possibile lo spedizioniere risponda per loro perdita o avaria. In tali casi la sua responsabilità è soggetta a limitazione: il primo limite, a carattere generale, è di 5 euro al chilo. Se sussistono i presupposti per una sua responsabilità per danni alle merci trasportate si applica il sistema a rete: si applica cioè il limite che contraddistingue il regime legale della singola tratta. E se si è di fronte ad un trasporto multimodale con tratta marittima, si applica il limite di 2 DSP al chilo. In linea di massima, dunque, le merci che transitano per il porto di Trieste non soffrono trattamenti particolarmente disomogenei, fatti salvi i limiti di responsabilità, considerevolmente diversi, a seconda che la loro spedizione sia curata da uno spedizioniere tedesco o da uno italiano».
Alla fine, qual è il suo giudizio sulla riforma?
«Il mio giudizio è positivo soprattutto per una ragione. Allineando la nozione di spedizioniere, contenuta nell’art. 1737 c.c., alla L. 1442/1941 che, istituendo gli elenchi autorizzati degli spedizionieri, ha previsto che alla base del contratto di spedizione possa esserci indifferentemente un mandato con o senza rappresentanza, il legislatore ha posto con forza l’accento sul fatto che il contratto di spedizione è un sottotipo del mandato e non dell’appalto. Ha cioè contrastato autorevolmente quella deriva che tenta di assorbire la figura dello spedizioniere in quella del vettore. Il legislatore ha chiarito che, al di fuori dell’ipotesi contemplata dall’art. 1741 c.c., ossia quella in cui assume la veste di spedizioniere-vettore, lo spedizioniere conclude, e non esegue, il contratto di trasporto. Si è così posto l’accento su valore specialistico e peculiarità contenutistica della professione di spedizioniere, nonché e sul fatto che l’attività che egli svolge è essenziale per orientare correttamente le aziende nelle scelte di gestione della filiera delle loro attività logistiche».