TRIESTE – A fronte del boom degli scali marittimi spagnoli, che stanno “beneficiando” della crisi del Mar Rosso, l’Italia continua a restare al palo.
Questo, in sintesi, il pensiero di Federagenti e del suo presidente Alessandro Santi. “I momenti di crisi e di emergenza richiedono sempre virate brusche. Ed è quanto sta accadendo per i porti italiani messi alle corde dalla crisi nel Mar Rosso e costretti a cambiare rotta per sopravvivere a una contingenza negativa che potrebbe rivelarsi fatale” scrive Federagenti in una nota. A detta di Santi, all’impegno strategico e politico, così come militare e diplomatico, del Paese, deve affiancarsi un intervento, drastico come non mai nel passato, per ridurre quei gap infrastrutturali e amministrativi che ci relegano nelle ultime posizioni tra i Paesi europei lontani dal ranking che ci competerebbe per propensione produttiva, export e posizione geografica.
«Purtroppo l’Italia continua a presentarsi sul mercato con indici di connettività dei nostri porti impietosi, così come con indici di performance logistici, relativi in particolare ai nostri collegamenti terrestri con il continente». Con queste parole Santi sottolinea come i porti spagnoli stiano registrando un vero e proprio boom di traffici in tutte le filiere più importanti inclusa l’ortofrutta, l’acciaio, le materie prime e i containers.
«La crisi del canale di Suez – sottolinea il presidente di Federagenti – ha determinato una performance notevole nel primo mese del 2024 (peraltro in un periodo di congiuntura globale) con un segno positivo globale del +3,4% rispetto allo stesso mese del 2023. Alcuni porti spagnoli come Tarragona, Las Palmas e Bilbao hanno segnato performance a doppia cifra. I risultati migliori sono stati ottenuti specialmente da alcune merci: il siderurgico (+18,2%), la frutta e la verdura (+ 19,3%), i cereali e i forestali. Per ultimo, come era prevedibile, un forte incremento della merce in transito via container con un +13,8% sul 2024».
«È il momento di ripartire dalla specializzazione dei nostri sistemi portuali legandoli alle filiere produttive nazionali, dalle dorsali europee Ten-T, in un quadro ambientalmente sostenibile e resiliente che sia frutto di una visione che ci proietti ai prossimi 30 anni; trent’anni – conclude Santi – nei quali non potremo lasciare ad altri la responsabilità e il diritto di governare le strategie sul nostro mare».