TRIESTE – Alle dimissioni di Zeno D’Agostino dalla carica di presidente dell’Autorità di sistema portuale di Trieste dovrà seguire un’azione volta a proseguire ciò che è stato lanciato: prerogative del Porto Franco e sistema logistico regionale in primis.
Questo il pensiero di Stefano Visintin, presidente di Confetra Friuli Venezia Giulia, associazione che riunisce tutti i maggioro operatori, all’indomani della notizia che apre numerosi scenari per la governance dello scalo triestino e per quello di Monfalcone.
Presidente Visintin, cosa ricorda dell’inizio della presidenza D’Agostino e quali sono le direttrici lungo le quali muoversi senza rischiare di perdere quanto realizzato?
«Ricordo i timori da parte della comunità portuale triestina di fronte all’ipotesi di un incorporamento dell’Autorità portuale di Trieste con quella di Venezia, che avrebbe probabilmente portato ad una perdita del regime del Porto franco e di come la legge di riforma abbia invece costituito l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Orientale, con l’unione del porto di Trieste e Monfalcone. Due scali perfettamente sinergici e complementari. Ora la fusione deve proseguire e armonizzarsi con i terminal retroportuali. Il presidente D’Agostino ha dato l’esempio di come la legge avrebbe dovuto essere interpretata, integrando i porti con la rete di interporti regionali e dando vita a quel “sistema” a cui fa riferimento il nome. Oggi dobbiamo continuare l’opera e concluderla con una legge regionale che stabilisca la funzione degli interporti in connessione con i porti regionali, Porto Nogaro incluso».
Per il sistema logistico regionale, oltre che per il porto di Trieste, il cambio della guardia nella governance dell’Authority (previsto ma anticipato) rischia di essere deleterio…
«Se possiamo immaginare un futuro del porto di Trieste e di quello di Monfalcone, è proprio grazie a quanto è stato fatto dal presidente D’Agostino. Non solo per la visione e l’indirizzo generale, ma anche per i numerosi interventi puntuali: l’aver ottenuto l’approvazione del Piano regolatore portuale, il mantenimento di Adriafer quale società pubblica di manovra, in totale adempimento del principio della libera circolazione delle merci nel Porto franco internazionale, il decreto interministeriale del 2017 che ha finalmente determinato il passaggio della titolarità ed amministrazione del Porto franco in capo al presidente dall’autorità di sistema portuale, chiudendo la questione aperta nel 1994».
Una serie di interpretazioni normative che hanno dato luogo a risultati importanti. La la “questione” non è ancora risolta…
«Le sue idee sono state sempre molto superiori a quello che la legge attuale gli ha dato possibilità di fare: ad esempio è totalmente assurdo che le Autorità di sistema portuali non abbiano capacità di spesa per le attività di promozione. Quando nelle fiere o negli eventi, soprattutto all’estero, ci presentiamo ai nostri clienti, è sempre necessario che ci sia un elemento di unità e di ufficialità, che è dato nel nostro caso proprio dall’Authority. La levatura e la professionalità del presidente D’Agostino ci avrebbero permesso di raggiungere obiettivi ancora più alti, se non fosse stata condizionata da limitazioni incongruenti con la realtà.
Dal giorno del suo arrivo quale commissario, ho subito apprezzato una delle sue idee portanti sulla portualità, cioè della necessità di produrre valore aggiunto e lavoro di qualità attraverso i traffici portuali e non puramente di far crescere i container movimentati, magari vuoti. Auspico che questa sua visione si imponga a livello politico, in quanto è assolutamente controproducente per il sistema continuare a misurare la performance di un porto solo in base ai Teu o alle tonnellate.
Uno dei celebri paradossi di D’Agostino, “Il futuro del porto non è il porto”, va interpretato nel senso che il porto possa e debba crearsi un futuro anche con attività logistiche ed industriali. Attività che, pur connesse con il porto, non siano direttamente collegate con la movimentazione portuale delle merci. In primis, condivido l’idea di sfruttare il regime del Porto franco come elemento di vantaggio per la localizzazione di certe produzioni industriali e confido nel fatto che presto ci sia un chiarimento legislativo che ne sancisca la fattibilità».
Una visione, quella di D’Agostino sul futuro del porto, che non tutti apprezzano e non in tutti i suoi aspetti. Quali sono le criticità?
«Il futuro della città di Trieste è strettamente collegato a quello del suo porto, così come è stato a partire dalla concessione del Porto franco: lo sviluppo della città e del porto possono essere rallentati o accelerati dalle persone che vi lavorano e di questo ciascuno deve assumersi le responsabilità davanti alle prossime generazioni. Il mio auspicio è che il prossimo presidente non abbia “paura di firmare”, timore comprensibile nella selva burocratica italica, che abbia una capacità di visione e di realizzazione. Io credo che il presidente D’Agostino abbia dato una propulsione decisamente enorme e per questo verrà ringraziato e ricordato dalla comunità portuale e dai triestini. Speriamo che i frutti del suo lavoro possano essere raccolti nei prossimi anni, quando tutti i progetti di sviluppo vedranno finalmente la loro realizzazione».