TRIESTE – Il Friuli Venezia Giulia come un’unica piattaforma logistica regionale, incardinata sui porti di Trieste e Monfalcone e fortemente digitalizzata. È questo l’obiettivo che si pone l’Associazione degli Spedizionieri del Porto di Trieste, la cui assemblea ha rieletto ieri alla presidenza Stefano Visintin, che ricopre la stessa carica anche per Confetra Fvg.
Crescita post pandemia, prerogative del Porto franco internazionale e sinergia tra gli stakeholder saranno le parole d’ordine dei prossimi anni per consentire la ripresa di una crescita che in realtà ha sempre tenuto il porto di Trieste a ottimi livelli, nonostante le crisi globali. Prossimo traguardo il milione di Teu, con un occhio a Capodistria e Fiume, due scali concorrenti con ottime prospettive a breve termine.

A Trieste container e Ro-Ro, a Monfalcone merci varie. Si va verso un consolidamento di questo binomio nell’offerta logistica territoriale?
«L’aver unito i due porti sotto la stessa Authority rappresenta indubbiamente un vantaggio. È chiaro che ora sarà necessario creare le condizioni migliori per lasciar lavorare gli operatori. Abbiamo grandi progetti e grandi opportunità davanti a noi. Spesso ho condiviso con il presidente D’Agostino l’idea che non contino solo le tonnellate, ma il maggior valore aggiunto creato dal sistema. Tuttavia vorremmo poter mettere davanti ad ogni classe merceologica e ogni tipologia di traffico un segno positivo: rinfuse solide, general cargo, più camion per le navi Ro-Ro. Ma, per quanto impreciso e incompleto sia questo dato, è il numero dei container a misurare la crescita dei porti: l’obiettivo ora è il primo milione di Teu e noi adesso vogliamo andare a prendercelo!»

Quali sono stati gli elementi che maggiormente hanno favorito gli investimenti degli operatori in questi ultimi anni a Trieste?
«Ci siamo mossi tutti nella stessa direzione. Il Friuli Venezia Giulia può offrire al mercato una piattaforma unica, che combini i traffici oceanici e mediterranei con quelli continentali, senza enormi investimenti, ma mettendo a rete i porti e gli interporti. Un esportatore di cucine marchigiano deve poter sfruttare un collegamento ferroviario con la Svezia che parte giornalmente da Cervignano e passa per Duisburg, alimentato fondamentalmente da semirimorchi turchi e container provenienti da oltremare. Il tutto con una sinergia che solo grazie alla consolidata esperienza degli operatori del Porto franco internazionale di Trieste diventa virtuosa e utile a tutto il Paese. I collegamenti ferroviari e le attività di marketing e di promozione, nonostante i due anni di pandemia, hanno permesso agli imprenditori di proseguire negli investimenti e di raggiungere risultati di traffico molto promettenti.

Cosa prevede il 2023 nell’azione di marketing comune, considerato che la piattaforma logistica regionale è obiettivo anche di Authority e Regione?
«Speriamo di riprendere a breve le visite alla nostra clientela estera. Desidereremmo poter ripetete assieme all’Autorità di Sistema Portuale alcuni eventi di particolare prestigio; contemporaneamente lavoreremo in via autonoma o in collaborazione con la Camera di Commercio della Venezia Giulia. Sfrutteremo, se possibile, le relazioni che abbiamo sempre mantenuto con la Camera di Commercio Austriaca e con la sua rappresentanza in Italia. Spero anche che si possa riprendere in considerazione la proposta di una “fiera della logistica” da organizzare a Trieste, progetto a cui io ed vicepresidente Marini crediamo molto e pensiamo che meriti di essere supportato con ogni mezzo».

Il porto di Trieste è primo in Italia per numero di treni, sarà sufficiente per vincere la competizione sempre più pressante con Capodistria e Fiume?
«Mentre le opere di cintura e quelle di riattivazione e collegamento con le stazioni di San Sabba e Aquilinia sono state terminate o in corso di attuazione, purtroppo dobbiamo registrare un ulteriore rinvio per le opere di competenza RFI sulla linea Venezia-Trieste e sulla linea Cervignano-Tarvisio. È di alcuni mesi fa l’annuncio di un ulteriore rinvio di due anni rispetto ai programmi, già rivisti al ribasso rispetto a quelli dell’Alta velocità. In compenso, procede spedito il progetto Trieste-Divaccia, che a questo punto sembra completamente distonico, considerando la realizzazione della nuova linea Capodistria-Divaccia. Purtroppo rileviamo che questi rinvii non siano stati stigmatizzati dai nostri rappresentanti politici regionali, quasi fossero una naturale conseguenza degli accadimenti mondiali. Sappiamo quanto sia cruciale il passaggio modale dalla strada alla ferrovia per un successo complessivo del sistema portuale e possiamo vedere quanto rapidamente procedano i lavori sulla già citata Capodistria-Divaccia: non possiamo permetterci alcun ritardo o tentennamento, se vogliamo raggiungere l’obiettivo dei 25.000 treni annui».

L’Associazione degli Spedizionieri si è da sempre battuta per il mantenimento e la valorizzazione del Porto Franco. A che punto siamo nel percorso di pieno riconoscimento delle prerogative per Trieste?
«L’attuazione del regime di Porto franco passa per la realizzazione di tappe successive. Nel 2018 attendevamo di poter festeggiare l’istituzione del Punto franco di Bagnoli della Rosandra, in attuazione del concetto di “mettere il Punto franco dove serve”. Ora non solo lo abbiamo visto istituire, ma confidiamo di poterlo vedere realizzato anche per l’autorizzazione di lavorazioni industriali. Non ci è stato finora possibile leggere ed analizzare l’autorizzazione doganale a favore della BAT (British american tobacco), quindi, nell’attesa, non ci è possibile esprimere alcun giudizio. Per il momento possiamo però commentare come siano significativamente cambiate alcune idee importanti: da un lato l’atteggiamento dell’Agenzia delle Dogane, che nel 2019 escludeva l’esistenza di una extraterritorialità doganale per il porto di Trieste; dall’altro quello di nuovi importanti operatori economici che sostenevano l’irrilevanza del regime di Porto franco nella scelta di investire sul porto e retroporto di Trieste. Ma che oggi, invece, sembrano ben lieti di poterlo utilizzare».

Corridoio doganale con Furnitz, il primo in Europa. È replicabile su altri tragitti-treno dal Porto di Trieste?
«Essendo questo il primo corridoio doganale paneuropeo, è chiara la sua valenza ed è importante che funzioni, in modo da poter essere eventualmente riproposto su altre relazioni. Siamo coscienti che il corridoio doganale di per sé non genererà enormi volumi di traffico, ma dev’essere lo strumento per fidelizzare un mercato per noi cruciale, come quello austriaco. Per anni i nostri colleghi ed i grandi caricatori austriaci ci hanno presentato come principale ostacolo al loro traffico i tempi e le procedure doganali troppo lunghi e costosi. Ora il nostro ruolo è quello di promuovere commercialmente l’uso del Corridoio, soprattutto attraverso i canali di RCA ed i nostri colleghi carinziani. L’operazione, inoltre, ha fornito l’occasione per riproporre, a livello comunicativo, la problematica applicazione della legge italiana sull’IVA per le operazioni doganali di importazione effettuate in nome di un importatore comunitario. Speriamo di alzare l’attenzione su questo punto, che continuiamo a proporre a livello politico, apparentemente senza alcun esito».

Digitalizzazione è ormai un termine quasi abusato: questo genere di interventi nei processi logistici, può migliorare sostanzialmente l’offerta complessiva?
«Senza dubbio e ne abbiamo la prova guardando ai risultati ottenuti attraverso l’implementazione progressiva del Port Community System messo a disposizione della comunità portuale dalla Autorità di Sistema. Proprio a fine ottobre è partito il preavviso di arrivo dei camion, che ha già portato ad un miglioramento qualitativo del processo e a una riduzione dei tempi di attesa ai varchi portuali. È solo un piccolo passo, ma ci mostra già quale sarà la strada. Mentre gli investimenti dell’Agenzia delle Dogane sulla digitalizzazione dei documenti ci permette già ora di inserirli in forma di stringa, non si può dire lo stesso per i documenti di trasporto, ancora cartacei e inseriti solo come scansione di un documento fisico. Il futuro che vogliamo si chiama e-CMR e e-FTI: gli spedizionieri devono portare la loro clientela in questa dimensione prima possibile».

Quale ruolo va attribuito a Confetra Fvg nella realtà portuale triestina e monfalconese?
«L’attività della nostra Associazione, già orgogliosamente la prima in Italia a rappresentare congiuntamente sia le case di spedizioni, che gli operatori terminalisti, oltre che vettori ferroviari e Multimodal Transport Operator, è ormai sempre più organica con l’attività dell’ssociazione degli Agenti marittimi e degli Spedizionieri doganali, all’interno di Confetra Fvg. Se la rilevanza della logistica a livello regionale è sempre crescente, non possiamo ancora dire lo stesso per quanto riguarda la nostra riconoscibilità a livello politico e istituzionale. In tal senso dobbiamo rinforzare sia la nostra presenza sui territori, ampliandola soprattutto a Gorizia e Monfalcone, sia aumentando ancora il numero dei nostri soci, sui quali va fatto affidamento per rafforzare la credibilità del progetto confederale».