TRIESTE – Stati Uniti e Regno Unito hanno lanciato una serie di attacchi contro lo Yemen, dove i ribelli Houthi hanno promesso ritorsioni.
I lanci di missili e le incursioni con aerei da guerra sono stati decisi dopo che gli stessi ribelli Houthi, nelle scorse settimane, hanno colpito e minacciato la navigazione commerciale – a sostegno di Hamas nella guerra in corso a Gaza contro Israele – nello stretto di Bab el-Mandeb, fra il Golfo di Aden e il Mar Rosso.
Le dichiarazioni degli Houthi, secondo i quali ora tutti gli interessi statunitensi e britannici sono ora “obiettivi legittimi”, sta sollevando ulteriori preoccupazioni di un’escalation del conflitto nella regione.
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che gli attacchi hanno fatto seguito a quelli degli Houthi e ha avvertito che non esiterà a intraprendere ulteriori azioni se necessario.
Il governo dello Yemen, sostenuto dai sauditi e riconosciuto a livello internazionale, ha incolpato gli Houthi per gli attacchi britannici e statunitensi al Paese, affermando che i ribelli sono responsabili di aver trascinato lo Yemen in un’arena di confronto militare con i loro attacchi nel Mar Rosso.
Il movimento Houthi, che controlla gran parte dello Yemen dopo quasi un decennio di guerra contro una coalizione a guida saudita sostenuta dall’Occidente, è un forte sostenitore di Hamas nella sua guerra contro Israele.
L’ufficio del Primo ministro britannico, Rishi Sunak, ha definito gli attacchi “necessari e proporzionati”, aggiungendo che al momento non sono previsti ulteriori missioni contro obiettivi Houthi e che la situazione sarà tenuta sotto controllo.
Gli Stati Uniti hanno spiegato che l’Australia, il Bahrein, il Canada e i Paesi Bassi hanno appoggiato l’operazione, presentando le incursioni come parte di uno sforzo internazionale per ripristinare il libero flusso del commercio in una rotta chiave tra l’Europa e l’Asia, che rappresenta circa il 15% del traffico marittimo mondiale.
L’Iran, che sostiene gli Houthi, ha condannato gli attacchi e la Russia ha dichiarato di aver richiesto una riunione urgente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per discutere la questione.

Intanto, secondo i dati resi noti dalla piattaforma PortWatch del Fondo Monetario Internazionale, il volume dello shipping nel Canale di Suez è sceso del 28% rispetto all’anno precedente nei 10 giorni precedenti il 2 gennaio.
L’analisi ha confermato che le interruzioni delle rotte nel Mar Rosso sono aumentate nelle ultime settimane, mettendo a rischio flussi commerciali vitali. D’altra parte, gli stessi dati hanno rivelato come la navigazione che doppia il Capo di Buona Speranza sia aumentato del 67% nello stesso periodo.
A metà dicembre, le principali compagnie di navigazione – tra cui MSC e la danese Maersk – hanno avviato questa strategia di deviazione verso l’Africa, incorrendo in costi e ritardi aggiuntivi, I vertici dell’Autorità egiziana per il Canale di Suez hanno sottolineato di aver monitorato attentamente le tensioni nel Mar Rosso e il loro potenziale impatto sul traffico del canale, anche in considerazione delle indicazioni di un ritorno alla rotta del Canale di Suez, con l’annuncio da parte di Maersk della programmazione di diverse decine di navi portacontainer per il viaggio attraverso il Mar Rosso nelle prossime settimane. Anche la francese CMA CGM ha annunciato un aumento del numero di navi che attraversano il Canale di Suez.
Secondo il centro ricerche di Intesa Sanpaolo, prima dello scatenarsi della crisi, circa il 40% del commercio marittimo italiano transitava lungo questa rotta, soprattutto per collegare Cina, India e Australia.