TRIESTE – In Friuli Venezia Giulia nell’ultimo decennio c’è stato un crollo delle imprese regionali di autotrasporto, soprattutto a favore di quelle estere.
È questo uno dei dati più significativi emerso ieri dall’incontro organizzato dal Propeller Club di Trieste sulle tematiche del trasporto su gomma e delle criticità connesse.
Relatori dell’incontro Massimo Campailla (professore di Diritto della navigazione e dei trasporti all’Università di Trieste), Pietro Silvestri (Sales Santandrea, Gruppo Pacorini), Rita Rapotez (presidente categoria Trasporti di Confartigianato Trieste) e Roberto Vidoni, General manager Autamarocchi.
La relazione introduttiva del professor Campailla ha attirato l’attenzione sulla mancata applicazione di normative che sono già a disposizione del settore, ma che spesso non vengono applicate. Normative che potrebbero favorire la soluzione di tematiche irrisolte relative e costi d’esercizio, ritardi nei pagamenti alle imprese e sui tempi di attesa ai terminal.
Ma è stata Rita Rapotez di Confartigianato a fotografare una situazione che – pur essendo in parte comune ad altre regioni italiane – presenta peculiarità territoriali di un certo peso. «Dal 2009 in regione c’è stato un crollo delle imprese regionali di autotrasporto, a favore del trasporto estero, soprattutto dell’Est europeo» ha spiegato l’esponente di Confartigianato.
In particolare, in Fvg il numero di imprese di trasporti merci su strada è in forte calo sia rispetto alla fine del 2021 (-3,8%), sia rispetto al dato prepandemia del 2019 (-10,1%). Il calo è molto marcato rispetto al 2009 (-42,1%). Il trend negativo si è però invertito nell’ultimo trimestre 2022: le imprese che si sono iscritte all’Albo sono state
1345 contro le 780 che hanno chiuso. A fine anno erano iscritte all’Albo 100797 imprese contro le 99465 di fine 2021. Questo fenomeno positivo si spiega con il fatto che a metà 2022 è stata decretata la liberalizzazione di accesso al mercato: prima per aprire un’azienda di trasporto, tra i vari requisiti richiesti, era obbligatorio immatricolare mezzi per almeno 80 tonnellate, o in alternativa acquisire una licenza conto terzi di un’azienda che cessava l’attività.
Problemi e incertezze non mancano, tra carenza di autisti e rivoluzione “green”, ma sui tempi di attesa quotidiani (4,5 ore di media secondo il dato citato dal professor Campailla), il porto di Trieste sembra essere un’eccezione, con i terminal che hanno in parte risolto questa criticità.
Silvestri è intervenuto portando il punto di vista della committenza e soffermandosi sul ruolo dell’autista e sulle caratteristiche della logistica “dell’ultimo miglio” in prospettiva futura.
Roberto Vidoni ha invece per illustrato uno dei fiori all’occhiello dell’economia regionale. Autamarocchi, infatti, sta proseguendo nella politica di espansione e conta ormai quasi un migliaio di dipendenti, 713 camion e nove società controllate tra Europa e Turchia. Proprio grazie a queste espansioni, il baricentro geografico dell’attività sta tornando a Trieste, sede ufficiale dell’impresa.
Decisamente interessanti anche alcuni dati forniti da Vidoni in merito a due tematiche “calde” per il mondo dell’autotrasporto. «Mancano circa 900mila autisti in tutta Europa, dei quali 20mila solo in Italia. E anche l’età media, molto alta, rappresenta un problema per il settore» ha detto Vidoni.
Efficace anche la disamina della rivoluzione green che attende il comparto.
«Oggi non c’è certezza su quale tipo di camion comprare. Una camion elettrico, ad esempio, può costare fino a 450mila euro e poi mi si dovrebbe spiegare come si fa ad ammortizzarlo – ha detto Vidoni – . Ci potrebbero anche essere problemi per la ricarica, oltre che di autonomia dei mezzi. Per questo penso che rimarremo sul diesel per le lunghe percorrenze, mentre per i percorsi vicini ai centri urbani, va bene l’elettrico. Credo che l’idrogeno darà grandi vantaggi e potrebbe rappresentare il futuro. Una vota risolta la questione dei costi».