TRIESTE – Gli interporti vanno accatastati in categoria E1. La sentenza di secondo grado che potrebbe determinare una norma, è stata emessa dalla Corte di Giustizia Tributaria del Friuli Venezia Giulia.
La vicenda, seguita dal professor Massimo Campailla e dalla collega avvocato Federica Fantuzzi (entrambi partner dello Studio Zunarelli & associati) riguardava un contenzioso tra Agenzia delle entrate e Interporto Trieste. In particolare, si discuteva dell’accatastamento di immobili della zona FreeEste a Bagnoli della Rosandra, lontani dalla sede principale della società, ma area di forte espansione delle attività dell’interporto. Essendo l’area temporaneamente priva di raccordo ferroviario, non si potevano configurare come interporto gli immobili che sorgono su di essa. Questa la tesi dell’Agenzia delle entrate, smentita dai giudici.
Il tema del corretto accatastamento degli interporti è da anni oggetto di numerosi contenziosi che vedono contrapposti l’Agenzia delle Entrate e svariati interporti italiani. Categoria e classe delle infrastrutture interportuali determinano infatti importanti risvolti economici, perché l’accatastamento in categoria E esenta gli immobili dal pagamento dell’IMU. L’Agenzia delle Entrate, invece, pretende l’imposta nel caso di accatastamento degli interporti in categoria D.
Il quadro delle interpretazioni giurisprudenziali è tutt’altro che uniforme. Nei vari contenziosi paerti, alcune regioni si sono erpesse a favore dei ricoirrenti, altre a favore del fisco. Proprio per questo discordante panorama, la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Friuli Venezia Giulia, depositata il 3 ottobre 2022, assume una particolare rilevanza.
I giudici giuliani hanno confermato, fra l’altro, che la vigente normativa: «espressamente consente che nella categoria catastale E/1 possano essere ricompresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, purché gli stessi non presentino autonomia funzionale o reddituale».
Le varie tipologie di immobile presenti all’interno di un interporto non hanno autonomia funzionale o reddituale, gli immobili infatti: «sono strumentali all’interporto perché le merci non possono essere abbandonate all’aperto, in attesa della loro successiva destinazione e ciò per ovvie ragioni di sicurezza, igiene, e, comunque, di ordine pubblico».
La Commissione Tributaria, nella sua sentenza ha tenuto in considerazione anche l’aspetto della natura giuridica dell’interporto, quella di organismo di diritto pubblico che: «deve qualificarsi come servizio pubblico senza che a ciò osti che l’attività imprenditoriale sia svolta dalle società di gestione dell’interporto stesso o da privati».
Questo genere di contenziosi vanno avanti da parecchi anni anche per altri interporti italiani, ma questa setenza potrebbe rappresentare una vera pietra miliare.
«La Cassazione non si è ancora pronunciata in merito, quindi dobbiamo attendere per avere una certa uniformità delle decisioni sul territorio nazionale” spiega il professor Campailla. «Certo è, che quella della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Friuli Venezia Giulia è una sentenza molto ben motivata» conclude il legale.