TRIESTE – Il Nordest si avvia verso una stretta demografica senza precedenti: entro il 2035 il Veneto perderà quasi 239mila persone in età lavorativa, mentre il Friuli Venezia Giulia ne lascerà sul campo quasi 50mila.
Secondo le stime CGIA di Mestre (Associazione artigiani e piccole imprese) basate su dati Istat, si tratta di un totale di 288mila unità in meno nella fascia 15-64 anni che, oltre a compromettere la tenuta del sistema produttivo, pone seri interrogativi sulla sostenibilità dei servizi essenziali, a partire dalla mobilità e dai trasporti. Con meno forza lavoro disponibile, sarà sempre più difficile garantire i livelli di efficienza attuali nella logistica, nel trasporto merci e in quello passeggeri, sia pubblico che privato.
Nel dettaglio, il Veneto registra una flessione del 7,8% su scala decennale, con Rovigo tra le province più colpite dell’intero Centronord: -12,4%. Seguono Venezia (-9,4%), Vicenza (-8,7%), Treviso (-7,7%), Padova (-7,4%) e Verona (-4,4%). In Friuli Venezia Giulia la provincia più penalizzata è Udine, che perderà quasi 31mila residenti in età attiva (-9,6%), seguita da Gorizia (-5,5%), Trieste (-4,7%) e Pordenone (-4,1%).
Le conseguenze economiche, secondo lo studio, vanno oltre i meri numeri. Un calo così marcato della popolazione occupabile comporta una diminuzione della domanda interna, minore capacità produttiva, e una progressiva difficoltà a reperire manodopera, soprattutto nelle PMI e nei settori labour-intensive come l’autotrasporto, i servizi urbani e il comparto turistico-ricettivo. Gli effetti saranno aggravati dalla crescita delle uscite previdenziali e sanitarie, in un contesto in cui già oggi le imprese denunciano difficoltà strutturali nel reclutamento.
Per CGIA, a beneficiarne potrebbe essere quasi esclusivamente il settore bancario, favorito dalla maggiore propensione al risparmio delle fasce anziane. Per tutti gli altri comparti – dai trasporti al commercio, fino al real estate e alla moda – si prevede invece una stagnazione o una riduzione dei volumi, con impatti potenzialmente irreversibili se non si interviene rapidamente.
Il rischio concreto è che, senza un cambio di paradigma, il Nordest perda competitività anche in settori oggi trainanti, compromettendo la resilienza dell’intero sistema economico e logistico italiano.