TRIESTE – È attesa per lunedì 4 aprile al Porto di Monfalcone la Wadowice, bulk carrier da 24mila tonnellate di stazza, in arrivo da Capo Verde (saclo dopo il Brasile) con un carico di bramme.
Oggi la motonave è entrata nel Mediterraneo e tra qualche giorno dovrebbe raggiungere con quasi 30mila tonnellate di acciaio le banchine di Portorosega. Si tratta di una nave dalle dimensioni ragguardevoli (quasi 190 metri di lunghezza per 28,5 metri di larghezza) rispetto a quelle che si era abituati a vedere ormeggiate. Questo viaggio è la prima diretta conseguenza degli adeguamenti che i traffici stanno mettendo in essere a causa della guerra in Ucraina. Fino a qualche settimana fa, la rotta predominante era quella che collegava il porto di Mariupol nel Mar d’Azov con le nostre coste per rifornire i laminatoi nei pressi di Porto Nogaro. Dopo lo stop forzato di questa tratta, imprenditori e carrier hanno cercato e trovato alternative.
Le dimensioni della nave, però, porranno da subito in luce una criticità, peraltro ben nota, al porto di Monfalcone: l’escavo dei fondali. La Wadowice non naviga a pieno carico (potrebbe portare oltre 38mila tonnellate) e ciò le consentirà l’ormeggio con un pescaggio adeguato. Ormeggio che può essere effettuato solo in un punto della banchina. Per gli operatori cresce dunque l’attesa per l’ordinanza della Capitaneria che dovrebbe garantire 11,5 metri su un tratto di banchina più esteso. La notizia non è ancora ufficiale, ma i rilievi batimetrici sono già stati conclusi. Poi, a partire dalla prossima settimana, sarà una lotta contro il tempo. Le dimensioni di queste navi, infatti, esigono spese di nolo sensibilmente più alte e quindi i tempi morti rischiano di penalizzare lo sviluppo dello scalo, qualora dovessero verificarsi.
A proposito di sviluppo, un’altra spada di Damocle incombe su Monfalcone, come si evince dalle parole di Sasa Culev, segretario generale Filt-Cgil di Gorizia. Il sindacalista esprime preoccupazione per ciò che sta accadendo a livello nazionale e che potrebbe portare al blocco del porto per sciopero. «È una preoccupazione non soltanto per il porto di Monfalcone, ma per tutti i porti d’Italia. A Monfalcone l’Authority si sta muovendo in linea con quanto previsto dalla Legge 84 del 1994. Sono altri che hanno l’obbiettivo di demolire questa legge per avere mani libere su concessioni, autoproduzione e nessun equilibrio alla concorrenza sul lavoro. È vero che l’autoproduzione esisteva, ma molto controllata dalle normative. Ora, dandole alle Autorità di sistema portuale, ognuno fa come gli pare».
In merito al Decreto legge sulla concorrenza in corso di approvazione, secondo Filt Cgil: “non sono assolutamente giustificabili gli emendamenti tesi a consentire, e quindi a legittimare, lo scambio di manodopera tra le diverse aree demaniali date in concessione alla medesima impresa, assegnando alla Commissione Consultiva la valutazione di tale operazione. È assolutamente inconcepibile immaginare questa vera e propria destrutturazione del lavoro portuale per favorire, evidentemente, una competitività sregolata e per niente in linea con gli obiettivi di affermazione e rilancio del nostro modello di lavoro portuale”.