MONFALCONE – Prospettive interessanti in tutti i settori merceologici, ma alcune criticità da risolvere al porto di Monfalcone.
Dopo i dati resi noti ieri dall’Autorità di sistema portuale (traffici in crescita del 5,7%), su Monfalcone si concentrano molte speranze degli operatori. Mentre si sta ancora attendendo la firma delle concessioni ex Art. 18 della Legge 84/1994 (terminalisti), il porto di Monfalcone deve decidere cosa fare da grande.
Il punto della situazione lo fa Mitter Mandolini, alla guida di Impresa Alto Adriatico, che nel porto più a Nord del Mediterraneo svolge i compiti dell’Art. 17 (picchi di lavoro).
«Il problema della disponibilità dei mezzi inizia a farsi sentire. I tempi di consegna sono lunghi e al porto servono sia mezzi che manodopera, anche alla luce della crescita» spiega Mandolini. A Monfalcone, fino a qualche mese fa il 90% del lavoro era svolto nelle ore diurne, oggi, con le navi più grandi, c’è la necessità di operare almeno nell’arco delle 18 ore. L’aumento dei pescaggi ha liberato ormeggi, la guerra in Ucraina ha costretto le aziende a rifornirsi mediante navi che arrivano da Far East e Sudamerica per i prodotti siderurgici, con un aumento dei noli e la necessità di operare con maggiore velocità in banchina. «Sia noi che le imprese abbiamo la necessità di aumentare l’organico, pur in presenza di quantità simili di tonnellaggio. Ma – spiega ancora Mandolini – al momento non ci sono certezze di poter contare su un aumento costante dei traffici. Del resto, se non si fanno investimenti, il traffico si rischia di perderlo». La concorrenza è “in casa”, perché a poche miglia il porto di Trieste, con la nuova Piattaforma logistica gestita da HHLA, è pronto ad accogliere eventuali transfughi. Anche per questo, l’Impresa Alto Adriatico – che conta oggi 98 lavoratori (68 a tempo indeterminato) – potrebbe presto arrivare ad una forza lavoro complessiva di 120 persone, con un organico complessivo del porto verso le 240 unità.
In questo contesto, Cetal (Gruppo Grimaldi), che a Monfalcone si occupa di traffico di veicoli, ha chiesto una nuova concessione (come dettagliato da Shipping Italy che ha anche sentito Girolamo Carignani, presidente della società): un piazzale da 18.400 metri quadrati per 4 mesi per deposito “non doganale temporaneo di autovetture”. Ma anche una locazione: 6400 metri quadrati all’ingresso del porto, sempre per stoccare automobili. La ragione sarebbe legata al riempimento dei garage al porto sloveno di Capodistria e al conseguente dirottamento di automobili su Monfalcone, ma anche dalla necessità di nuovi spazi dopo che Cetal ha accettato di accogliere le navi di Hyundai Glovis.
Ultima ma non ultima, la tematica delle crociere che ha portato parecchio lavoro in quest’ultimo anno a Monfalcone. Una scommessa che ha visto in prima fila il sindaco della città dei cantieri, Anna Cisint, alla quale non credevano in molti (90mila passeggeri nel 2022). Dopo qualche momento di difficile convivenza con il traffico commerciale, le “navi bianche” di MSC hanno trovato il loro posto in banchina. «Le crociere hanno dato molto lavoro – conferma Mandolini – abbassando i costi dell’Impresa e aumentando di circa il 30% le retribuzioni annuali. L’aumento di organico è dovuto anche a questo settore». E per il prossimo anno, la “coabitazione” con il settore commerciale si preannuncia facilitata: le navi di MSC saranno più piccole e non ci sarà bisogno de “pontoni” per allontanarle dalla banchina. Ad adiuvandum, come preannunciato all’unisono da Comune di Monfalcone e Trieste terminal passeggeri, l’intenzione di realizzare una stazione marittima degna di questo nome, al posto delle tensostrutture che, nella stagione appena conclusa, sembrano aver comunque aver fatto degnamente il loro mestiere.