TRIESTE – Il Piano regolatore portuale è sovraordinato a quelli degli enti locali, le Autorità di sistema portuale dovranno adeguarsi ai vincoli paesaggistici, è incostituzionale estendere gli “ambiti portuali” al di fuori delle aree portuali vere e proprie, va riscritta la norma per la procedura di approvazione dei Documenti di programmazione strategica di sistema (Dpss).
Sono queste, in sostanza, le modifiche che la Corte costituzionale ha imposto alla cosiddetta “legge Paita-Rotta”, conseguenza del maxiemendamento al Decreto Infrastrutture per modificare l’articolo 5 della legge sui porti (84/1994), di fine 2021. Le modifiche in sede di conversione del Decreto da parte di Raffaella Paita (Italia Viva) e Alessia Rotta (Partito Democratico),avevano privato di poteri gli enti locali sulla materia della pianificazione territoriale, quando si trattava di porti.
In realtà, i motivi del ricorso da parte delle Regioni Friuli Venezia Giulia e Toscana erano 24, dei quali solo quattro sono stati accolti. Un via libera sostanziale alla legge nel suo complesso, quindi, da parte della Consulta, ma con alcune eccezioni.
Con sentenza n. 6 del 2023, infatti, la Corte Costituzionale ha deciso i ricorsi delle due Regioni, con i quali venivano sollevati svariati profili di incostituzionalità, relativamente a talune norme che introducevano modifiche agli strumenti di pianificazione portuale contenuti nella legge n. 84 del 1994.

1) L’intervento forse più significativo della Corte può essere considerato quello che dichiara l’illegittimità costituzionale dell’intero comma 1-septies del nuovo articolo 5 L. 84/94. Tale norma sottraeva gli ambiti portuali al vincolo paesaggistico ed imponeva alle regioni il conseguente obbligo di modifica dei propri piani paesaggistici. Secondo quanto stabilito dalla Corte, tale previsione normativa è costituzionalmente illegittima in quanto “nel sottrarre le zone ricomprese negli ambiti portuali al vincolo paesaggistico delle aree costiere incide in via unilaterale sull’assetto della pianificazione paesaggistica, risolvendosi un arretramento della protezione del bene paesaggistico”.

2) È, inoltre, stata dichiarata l’incostituzionalità della disposizione che consentiva alle Autorità di Sistema Portuale di ricomprendere negli “ambiti portuali” aree assoggettate alla propria giurisdizione, seppur estranee alla loro circoscrizione territoriale. Si tratta di una norma mal formulata che non consente di determinare con chiarezza come, quando ed a quali condizioni le Authority potrebbero estendere la propria giurisdizione. E proprio per tali caratteristiche “dai contorni oscuri”, la norma è stata censurata dalla Corte.

3) La recente riforma della legge portuale aveva modificato la procedura per l’approvazione dei Documenti di programmazione strategica di sistema (Dpss), sottraendo la competenza alle Regioni e assegnandola al Ministero (lasciando alle Regioni il solo potere di esprimere un parere non vincolante). La Corte non ha ritenuto che, dal punto di vista sostanziale, tale nuovo meccanismo di approvazione presenti profili di incostituzionalità e si è limitata a suggerire una formulazione alternativa della norma che ne lascia, tuttavia, immutati i contenuti fondamentali.

4) Ulteriore profilo di incostituzionalità è stato ravvisato nell’abrogazione, da parte della recente riforma della legge portuale, dell’obbligo per le Autorità portuali di accompagnare la redazione dei Documenti di programmazione strategica di sistema (Dpss) da una relazione illustrativa che descriva i criteri seguiti nel prescelto assetto del sistema e gli indirizzi per la futura pianificazione. Si torna quindi alla regola precedentemente in vigore.

«Le censure mosse dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 6/2023 hanno, tutto sommato, un impatto piuttosto limitato sulla legge Paita-Rotta. Si può, dunque, affermare che la stessa abbia nel suo complesso superato positivamente il vaglio di costituzionalità. In particolare, appare significativo che restino in vigore alcuni dei principi cardine della riforma, primo fra tutti quello del forte ridimensionamento del ruolo dei Comuni e delle Regioni nella procedura di approvazione dei piani regolatori portuali. In tale ottica – commenta il professor Massimo Campailla, docente all’Università di Ferrara e senior partner dello Studio Zunarelli – la Corte Costituzionale ha, infatti, rimarcato la “prevalenza dell’interesse statale allo sviluppo dello snodo portuale di rilevanza nazionale e internazionale sugli interessi regionali o comunali”».

La sentenza della Corte costituzionale