TRIESTE – I porti di Trieste e Monfalcone danno lavoro a quasi 15mila persone sul territorio, procurando un gettito fiscale di 756 milioni di euro suddiviso fra Stato e Regione Friuli Venezia Giulia.
L’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale ha presentato oggi uno studio sull’impatto dell’economia portuale degli scali di Trieste e Monfalcone in termini di occupazione, valore della produzione e fiscalità. Il lavoro certosino (sono stati analizzati i bilanci di 200 aziende solo per calcolare il valore della produzione, è stato reso possibile dall’Aiom (Agenzia Imprenditoriale Operatori Marittimi di Trieste), che ha agito su input di Alpe Adria, società di logistica partecipata dall’Authority.
I risultati della ricerca, introdotta dal presidente di Aiom Sergio Bologna, sono stati suddivisi per attività diretta, indotto primario e indotto secondario. Dalle stime condotte seguendo le metodologie più in uno a livello accademico per questo genere di analisi, l’occupazione diretta presente nei terminal, nelle imprese fornitrici di mano d’opera e di servizi (artt. 16 e 17 della “legge sui porti”) è stata pari a 4.058 unità (dati 2021). A queste vanno aggiunti gli occupati dell’indotto primario (servizi vari, agenti marittimi, case di spedizione) per un totale di 8.967 unità. L’occupazione nell’indotto secondario, inteso come area di mercato della logistica in senso lato, è stata stimata in 5.810 unità: il totale complessivo arriva a 14.777 persone.
In termini di gettito fiscale, il contributo dell’economia portuale è stato valutato complessivamente superiore a 756 milioni di euro, con un’incidenza del 51,4% sul valore aggiunto, di cui 636 milioni versati da aziende residenti in regione, distribuiti tra Stato (266 milioni) e Regione (370 milioni).
Il valore annuo della produzione è stato di 1.909 milioni di euro, compreso l’indotto primario. Se a questo si somma la stima del valore della produzione nell’indotto secondario, si arriva a 4 miliardi e 285 milioni.
Dati, confronti con studi precedenti e criteri metodologici sono stai illustrati da Danilo Stevanato, consigliere di Aiom e già funzionario dell’Autorità portuale di Trieste.
Durante l’incontro è stato anche sottolineato che la Regione Fvg spende per i porti circa 199 milioni di euro (dati riferiti agli interventi previsti nel 2023), mentre ne incassa circa 370 dai porti di Trieste e Monfalcone, oltre a ciò che arriva da Porto Nogaro, non preso in esame dallo studio.
«In termini di gettito fiscale – ha sottolineato Sergio Bologna – la Regione Friuli Venezia Giulia ha beneficiato delle attività dell’economia portuale più ancora dello Stato. È un dato su cui può essere utile riflettere nel momento in cui importanti riforme si annunciano sul terreno delle autonomie regionali. Così come vale riflettere, nel quadro dei parametri di sostenibilità (ESG), sull’importanza della governance pubblica, che può consentire livelli di resilienza importanti proprio nei momenti di crisi, come quelli prodotti dalla pandemia. Meglio considerare questo, piuttosto che la crescita di uno scalo, considerati gli shock sempre più frequesti su scala mondiale».
«Se si tiene conto che i dati, per necessità di averli definitivi, si riferiscono all’anno 2021, periodo nel quale la pandemia da Coronavirus ancora non si era esaurita, il giudizio non può che essere sufficientemente positivo» ha commentato Zeno D’Agostino, presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale. «Le difficoltà riscontrate a livello dei traffici, avvertite particolarmente nelle catene di approvvigionamento, non hanno inciso sui livelli di manodopera impiegata. Anzi, i servizi logistici si sono rivelati, proprio in questo periodo, servizi essenziali per la sopravvivenza stessa delle persone. I porti di Trieste e Monfalcone – ha aggiunto D’Agostino – hanno mantenuto inalterati i loro indici di connettività e la loro posizione nel quadro internazionale, come piattaforme di scambio tra Europa e Medio Oriente».
Il presidente ha poi voluto fare riferimento anche alle iniziative in corso per riformare la Legge 84 del 1994 che governa il sistema portuale italiano. «In un contesto nel quale si sta parlando di riforma dei porti, sarebbe importante ragionare sull’impatto fiscale dei singoli scali sui territori di riferimento. È qualcosa di cui tener conto quando si parla di governance».