TRIESTE – Che il Porto franco internazionale di Trieste non dovesse fermarsi al traffico di merci lo aveva detto in diverse occasioni. Ma oggi il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico orientale, Zeno D’Agostino, ha voluto ribadire il concetto.
Quindi non solo produzione di energia, insediamenti industriali o data center, nello scalo e nelle aree adiacenti potrebbero trovare posto attività “insospettabili”. Nello specifico D’Agostino ha parlato di additive manufacturing (letteralmente, manifattura additiva) citando i processi di produzione tramite stampanti 3D. «Se dovessimo avviare une simile tipologia di produzione – si è chiesto D’Agostino – dal punto di vista doganale, di cosa staremmo parlando? Di merce che origina sul territorio, non ci sarebbe trasporto… ».
L’occasione per trattare l’argomento era particolarmente attraente. “Le nuove vie per il Porto Franco di Trieste” era il titolo del convegno tenutosi stamattina all’Università di Trieste e introdotto dal professor Massimo Campailla con un intervento sul regime giuridico del Porto Franco, la sue fonti normative e i profili organizzativi. Dopo le recenti prese di posizione a livello politico infatti, restano aperte alcune importanti questioni: cosa si può realisticamente fare nelle aree del Porto franco di Trieste che ancora non si sta facendo? Quali sono le produzioni industriali che potrebbero insediarsi traendo vantaggio dal regime speciale?
Dopo aver spiegato che l’accettazione completa delle prerogative dello scalo sono una questione di interesse nazionale e internazionale, D’Agostino ha ipotizzato alcuni campi di intervento finora mai presi in considerazione. «Il tema importante è relativo a ciò che nasce, origina, in Porto franco. Ad esempio, l’agricoltura in regime di Porto Franco non è una questione banale – ha detto D’Agostino – e dal punto di vista doganale ci sono produzioni non ammesse e che invece possono essere fatte. Oggi esistono innovazioni tecnologiche. Lo zafferano prodotto in Porto franco, tanto per citare un caso, come va considerato? E poi l’arte: in tanti ci chiedono di utilizzare il Porto franco per l’arte, per lo stoccaggio delle opere per poi farle fruire a scopo turistico».
Per il presidente dell’Authority questi temi innovativi che prendono sempre più piede a Trieste, piazza importante proprio per l’innovazione tecnologica, richiederebbero una serie di studi, in collegamento al Porto franco. «Dal nostro punto di vista il porto è qualcosa in costante evoluzione. Da questa città vanno sparate idee innovative, non vogliamo vivere di rendita – ha concluso D’Agostino – ma proporre nuove soluzioni per un mondo che sta cambiando».
Durante il convegno, fatti gli onori di casa da parte del professor Gian Paolo Dolso (direttore del Dipartimento di Scienze Giuridiche del Linguaggio della Traduzione e dell’Interpretazione), sono intervenuti il professor Angelo Venchiarutti (Responsabile scientifico dell’Unità di ricerca Progetto PRIN-MUR “Belt and Road Initiative”), il professor Alfredo Antonini dell’Università degli Studi di Udine, il professor Fabrizio Vismara (Università degli Studi dell’Insubria), Marcello Fici (Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli – Direzione Territoriale Veneto e Friuli Venezia Giulia), Alessia Sbroiavacca, (Università di Trieste) e per le conclusioni il professor Stefano Zunarelli dell’Università degli Studi di Bologna e coordinatore del Progetto PRIN-MUR “Belt and Road Initiative”.